Falcidia Iva anche nella procedura di crisi da sovraindebitamento

Possibile falcidia Iva anche nella procedura di crisi da sovraindebitamento Con decreto del 19 ottobre 2017, il Tribunale di Pescara ha fissato l’udienza per la convocazione dei creditori a fronte della proposta di composizione della crisi ex art. 6, Legge 3/2012. Nel piano è prevista una consistente falcidia dell’Iva confortata dall’assenza di beni, immobili e mobili, liquidabili (o aggredibili da parte dell’Erario) come attestato dall’O.C.C. In particolare, nel piano è previsto che il debito per Iva sarà pagato in misura notevolmente ridotta rispetto alla sorte capitale nonché mediante soluzioni rateali la cui provvista deriverà esclusivamente dai flussi reddituali del debitore, agente di commercio. Il Tribunale, nel decreto di convocazione dei creditori, ritiene la proposta ammissibile percorrendo un complesso e lineare iter argomentativo che esordisce con la constatazione che l’istituto della transazione fiscale è estraneo alla procedura di sovraindebitamento per cui escludere che l’imprenditore sotto soglia rispetto ai parametri di cui all’ art. 1 L.F., l’imprenditore agricolo (salvo per questi l’accesso agli AdR) o il professionista, possano accedere alla possibilità di pagamento non integrale dell’Iva, quando tale possibilità è concessa all’imprenditore fallibile dall’art. 182 ter L.F., potrebbe generare dubbi di costituzionalità. Il trattamento dell’Iva nella procedura di sovraindebitamento risente in modo diretto della pronuncia della Corte di Giustizia e della interpretazione che ne deriva dei principi contenuti negli articoli 2, 250, paragrafo 1, e 273 della direttiva Iva nonché dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE. Tali articoli dispongono che gli Stati membri hanno l’obbligo di applicare tutte le misure legislative ed amministrative atte a garantire il prelievo integrale dell’Iva nel proprio territorio; laddove, però, non sia possibile il prelievo integrale, gli stati membri possono, anzi devono, comunque, garantire il miglior prelievo possibile, per come accertato nell’ambito di un procedimento dotato delle cautele sopra elencate e, dunque, perseguire la migliore soddisfazione del credito rispetto alla alternativa liquidatoria, fallimentare/concorsuale ma anche quella ex art. 14 ter Legge 3/2012. Inoltre, il controllo non si limita all’accertamento di incapienza dei beni sui quali sussiste la causa di prelazione, ma deve essere accompagnato dalla previsione del diritto di voto ed alla possibilità di opposizione, con conseguente controllo giurisdizionale, ai fini della verifica della impossibilità di migliore sorte alternativa del credito. Pertanto, tenuto conto che, in via generale e per costante giurisprudenza dell’Unione europea, sussiste l’obbligo per il giudice nazionale di far ricorso a tutte le risorse ermeneutiche disponibili al fine di perseguire l’obiettivo indicato dall’ordinamento dell’Unione europea, ne consegue che nell’interpretare la disposizione contenuta nell’art. 7, comma I, terzo periodo, della Legge 3/2012, in materia di trattamento dell’Iva, si dovrà prediligere un’applicazione conforme alle prescrizioni del diritto dell’Unione europea in materia di Imposta sul Valore Aggiunto. Nel caso di specie, considerando che dalla relazione dell’O.C.C.. risulta, oltre all’attestazione di incapienza dei beni oggetto del privilegio generale di cui all’art. 2752, comma 2, c.c. , anche l’attestazione di maggiore convenienza dell’accordo rispetto all’alternativa liquidatoria, il Giudice ha ritenuto ammissibile la proposta che prevede la falcidia dell’Iva.
Luca Cosentino dottore commercialista in Pescara

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Postato il

8 Settembre 2019